Cessione di beni con posa in opera: applicazione dell’IVA in fattura
Sono escluse dal meccanismo del reverse charge in ambito edile le forniture di beni con posa in opera. Questo in quanto tali operazioni, ai fini IVA, costituiscono cessioni di beni e non prestazioni di servizi. Il punto è stato oggetto di conferma da parte dell’Agenzia delle Entrate, rispettivamente:
Per la disciplina di cui alla lettera a) dell’articolo 17, comma 6, del DPR n. 633/72, in diversi documenti di prassi (Circolare n. 37/E/2006 e Risoluzione n. 148/E/2007);
Per la disciplina di cui alla lettera a-ter) dell’articolo 17, comma 6, del DPR n. 633/72, nella Circolare n. 14/E/2015.
Individuazione delle cessioni di beni con posa in opera
La distinzione tra cessione di beni e prestazione di servizi dipende dalla prevalenza dell'obbligazione di dare rispetto al facere. Secondo i giudici comunitari, il rapporto tra il prezzo del bene e quello dei servizi è un fattore da considerare, ma non dovrebbe essere l'unico determinante. La volontà delle parti, evidenziata nella descrizione delle clausole contrattuali, è cruciale per risolvere controversie sulla natura dell'operazione. L'Agenzia delle Entrate concorda che la volontà contrattuale delle parti è fondamentale per stabilire se prevale l'obbligazione di dare o quella di fare.
Con riferimento al suddetto principio, l’Agenzia delle Entrate, nella Circolare n. 37/E/2015, specifica ulteriormente che:
Quando il programma negoziale posto in essere delle parti abbia quale scopo principale la cessione di un bene e l’esecuzione dell’opera sia esclusivamente diretta ad adattare il bene alle esigenze del cliente senza modificarne la natura. Tali contratti sono senz’altro qualificabili quale cessioni di beni con posa in opera;
Se la volontà contrattuale è quella di addivenire ad un risultato diverso e nuovo rispetto al complesso dei beni utilizzati per l’esecuzione dell’opera, allora la prestazione di servizi si deve considerare assorbente rispetto alla cessione del materiale impiegato.
Un ulteriore elemento rilevante, per individuare la natura dell’operazione effettuata, consiste nel valutare se le parti “abbiano inteso attribuire prevalenza all’attività lavorativa prestata o all’elemento della materia“. Infine, appare utile indicare un criterio proposto dalla dottrina, per distinguere le prestazioni di servizi rispetto alle forniture di beni con posa in opera, risiederebbe nell’indagare se l’attività dell’operatore economico consiste nella produzione o commercio dei beni piuttosto che nella prestazione di servizi.
Posa in opera e chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate
Seguendo questa impostazione, ad esempio, rientrerebbero nell’ambito della disciplina del reverse charge tutti gli interventi posti in essere dagli artigiani. Vediamo adesso, alcuni casi di cessioni di beni con posa in opera, a cui ha dato risposta l’Agenzia delle Entrate:
Fornitura con posa in opera di impianti di riscaldamento, condizionamento, lavanderia, cucina, infissi, pavimenti qualora l’assuntore dei lavori ne sia il fabbricante o il commerciante abituale – Considerate cessioni di beni con posa in opera (R.M. 05/07/1976 n. 360009 vedasi sotto il testo integrale);
Installazione impianti di allarme e loro manutenzione ordinaria – Considerate cessioni di beni con posa in opera (Risoluzione n. 164/E/2007);
Fornitura con posa in opera di controsoffitti e pareti in cartongesso per ampliamento e ristrutturazione locali – Considerata prestazione di servizi (Risoluzione n. 220/E/2007);
Fornitura con posa in opera di pannelli in acciaio-porcellanato – Considerate cessioni di beni con posa in opera (Risoluzione n. 255/E/2008);
Fornitura di kit solare e materiale generico per l’installazione di impianti fotovoltaici – Considerate prestazioni di servizi (Risoluzione n. 474/E/2008).
Risoluzione del 05/07/1976 n. 360009 - Min. Finanze - Tasse e Imposte Indirette sugli Affari
Iva. Edilizia. Contratto di appalto e contratto di vendita. Elementi distintivi.
Sintesi: Ai fini dell'applicazione dell'art.79 del DPR 633/72, la verifica della sussistenza di un contratto di appalto al fine di ottenere i benefici fiscali indicati in tale norma, devono essere ricercati nella sussistenza degli elementi caratterizzanti il contratto di appalto e, in particolare, nella prevalenza delle obbligazioni di "fare" sulle obbligazioni di "dare" contenute nel contratto, giusto quanto stabilito dalle sentenze n.3517 del 28 ottobre 1958 e n.1114 del 17 aprile 1970 della Suprema Corte di Cassazione.
Testo:
La Societa' in oggetto ha chiesto, in sostanza, di conoscere, ai fini dell'applicazione dell'art. 79 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e successive modificazioni, quali siano i criteri da seguire allo scopo di distinguere, in concreto, il contratto d'appalto dal contratto di compravendita. Ad avviso della parte istante detti criteri potrebbero essere ricavati dalle disposizioni contenute nell'art. 1 della legge 19 luglio 1941, n. 771, concernente "Provvedimenti in materia di imposta di registro sugli appalti". Al riguardo, la scrivente precisa, anzitutto, che, a prescindere da ogni altra considerazione, le disposizioni di cui alla menzionata legge n. 771, non possono applicarsi al caso in questione, in quanto l'art. 80 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634 ha abrogato, come e' noto, le norme contenute sia nel R.D.L. 30.12.1923, n. 3269 che le successive modifiche e integrazioni, tra le quali e' da annoverare la richiamata legge n. 771. La scrivente ritiene invece che per i criteri da adottare in concreto ai fini di una esatta qualificazione del rapporto sia opportuno uniformarsi alle disposizioni della Suprema Corte che, con sentenza n. 3517 del 28.10.1958, ha stabilito che "oggetto del contratto di appalto e' il risultato di un "facere" (anche se comprensivo di un "dare") che puo' concretarsi cosi' nel compimento di un'opera che di un servizio che l'appaltatore assume verso il committente, dietro corrispettivo: .....", mentre oggetto del contratto di vendita puo' consistere sia in un "dare" che in una obbligazione di "dare" e di "fare". Ora, tenuto conto di tali precisazioni, si e' dell'avviso che, ai fini dell'applicazione dei benefici fiscali, previsti dal citato art. 79 del D.P.R. n. 633, gli elementi caratterizzanti il contratto di appalto devono essere ricercati sulla prevalenza del "fare" sul "dare" e, in particolare, come chiarito ulteriormente dalla Suprema Corte con sentenza n. 1114 del 17.4.1970, "deve desumersi dalle clausole contrattuali se la volonta' delle parti ha voluto dare maggior rilievo al trasferimento di un bene o al processo produttivo di esso". E' appena il caso di precisare che la scrivente, nella risoluzione di casi concreti, si e' attenuta ai criteri sopraesposti, chiarendo, fra l'altro, con nota n. 501629 del 10 ottobre 1975, che sono da considerare contratti di vendita (e non di appalto) i contratti concernenti la fornitura, ed eventualmente anche la posa in opera, di impianti di riscaldamento, condizionamento d'aria, lavanderia, cucina, infissi, pavimenti, etc., qualora l'assuntore dei lavori sia lo stesso fabbricante o chi fa abituale commercio dei prodotti e materiali sopra menzionati. (V. anche la R.M. del 12.3.1974 n. 503351). Tuttavia, nel caso particolare che le clausole contrattuali obbligassero l'assuntore degli indicati lavori a realizzare un "quid novi" rispetto alla normale serie produttiva, deve ritenersi prevalente l'obbligazione di "facere", in quanto si configurano gli elementi peculiari del contratto di appalto e, precisamente, l'"intuitus personae" e l'assunzione del rischio economico (Cass. 17.2.1958, n. 507) da parte dell'appaltatore.
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